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VINICIO CAPOSSELA: ESCE OGGI “CANZONI DELLA CUPA”

Il primo cd con sopra scritta a penna una tracklist intitolata CANZONI DELLA CUPA risale alla fine del 2003. Era stato l’anno de “L’Indispensabile”, una raccolta di canzoni accompagnata dall’omaggio a Celentano di “Si è spento il sole”. Tanto quel disco, sostenuto da un packaging a dir poco lussuoso, era il miglior compendio possibile dell’opera caposseliana fino a quel momento, tanto le canzoni che comparivano sul quel cd demo scritto a penna sembravano attingere a qualcosa di completamente nuovo, di magico, di misterioso, di ancestrale.
Erano canzoni di lavoro, di fatica, d’amore, sonetti aggraziati (a rispetto) e disgraziati (a dispetto), contenevano versi ora dolci ora maliziosi, spesso acri e taglienti come solo il pensiero e la parlata popolare sa fare.

Erano canzoni uniche, vestite di un suono scarnificato fino all’osso; pochi strumenti, registrati in presa diretta come in un rito, cercando di fermare il tempo, il momento. Catturate come bestie nel grano.

Quelle canzoni rimaste imprigionate nella rete hanno poi assistito all’arrivo di altre canzoni: quelle immaginifiche di “Ovunque proteggi”, le ballad per pianoforte e voce di “Da solo”, quelle costruite per sostenere il racconto di “Marinai, profeti e balene” e addirittura ad un disco di brani vecchi e inediti realizzato con un gruppo di musicisti greci, “Rebetiko gymnastas”.
Nell’attesa che arrivasse il loro tempo, quelle canzoni della cupa hanno piantato radici nel campo immaginario del loro autore, costringendolo ad occuparsene, tenendo fertile quel terreno. Da quel campo ne sono nate così altre, figlie a loro volta di quella visione, di quel desiderio, e insieme hanno trovato altri musicisti da cui essere suonate. Tra Cabras e le Terre dell’Osso, tra l’Arizona e il Texas, tra il 2003 e il 2016.

CANZONI DELLA CUPA è il nuovo album di Vinicio Capossela. E’ composto di 28 canzoni più una ghost track, ed è diviso in due lati, uno fatto di Polvere e uno fatto di Ombra, come sempre il percorso del sole segna dall’alto questo confine su ogni paese. La polvere è il lavoro, è quanto si svolge alla luce del sole, la fatica, la festa, il ricreo. L’ombra ha a che fare con la notte, con ciò che si fa ma non si dice, con le creature immaginarie e non che assediano l’uomo spesso dal di dentro, con le divinità. Entrambi i lati sono fatti di canzoni che spogliano e mettono a nudo, nel modo diretto e crudo che ha la musica folk di fare questo, per nulla rassicurante, come ha detto un volta Bob Dylan.

E’ forse lo sforzo più grande e ambizioso che Vinicio Capossela ha compiuto nella sua carriera. Il suo album più personale e al tempo stesso quello in cui ha deciso di fare un passo indietro per lasciare la scena a storie, personaggi, melodie e immagini che attingono all’arcaico e a cui è importante e necessario continuare a prestare ascolto, nel correre distratto e forsennato del Tempo.

E’ un disco al quale Gibilterra ha iniziato a lavorare da qualche mese, al quale in qualche modo siamo molto orgogliosi di appartenere e che oggi finalmente prende la sua strada, portandosi addosso tutto quello che è. Come dice il finale dell’ultima canzone del disco, “Il treno”: “così com’ero restar non posso / quello che sono mi porto addosso”.

Buon viaggio e buon ascolto, per questa volta sono la stessa cosa.

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